Trattamento di fine rapporto Areajob
Diritti e regolamenti del lavoro

Trattamento di fine rapporto: tutto quello che devi sapere

Quando un rapporto di lavoro termina, sia per licenziamento che per dimissioni o anche per fine contratto a termine, il datore di lavoro è tenuto a versare al lavoratore il TFR, che è l’acronimo del trattamento di fine rapporto, ossia la prestazione economica che compete al lavoratore subordinato all’atto della cessazione del rapporto di lavoro..

Il Trattamento di fine rapporto (TFR), anche detto liquidazione, è una somma che spetta ai lavoratori subordinati, siano essi a tempo indeterminato o determinato, part-time o full-time e anche con altri contratti atipici (tipo a chiamata) in tutti i casi di cessazione del rapporto. Nella cifra del TFR trovano posto anche le ferie e i permessi arretrati, i ratei di tredicesima e eventuale quattordicesima maturati.

Vediamo insieme le caratteristiche principali del Trattamento di fine rapporto!

Cosa includere nel calcolo del Trattamento di fine rapporto

La retribuzione base per il calcolo del TFR,  salvo diversa previsione dei contratti collettivi, è costituita da tutti gli elementi retributivi aventi natura tipica, normale e ripetitiva nel rapporto di lavoro minimo contrattuale. Quindi, ne fanno parte:

  • aumenti periodici di anzianità
  • superminimi
  • indennità di maneggio denaro
  • maggiorazione turni
  • straordinario fisso ripetitivo
  • premi presenza
  • valori convenzionali mensa
  • indennità per disagiata sede

Si possono considerare nel calcolo del Trattamento di fine rapporto anche importi forfettari, cottimo, provvigioni, premi e partecipazioni, prestazioni retributive in natura, altre somme riconosciute e corrisposte a titolo non occasionale, esclusi i rimborsi spese.

Come si calcola il TFR

La maturazione del TFR avviene ogni anno. Per calcolare l’importo giunge in soccorso l’articolo 2120 del Codice Civile. La quota di TFR che il dipendente matura annualmente si ottiene dividendo la somma delle retribuzioni mensili per un parametro che il Codice fissa a 9.97 per il 2023.

Per esempio, se nel 2023 la somma delle retribuzioni mensili prese a riferimento per la liquidazione è pari ad euro 18.000,00, la quota TFR che il dipendente maturerà nel 2023 sarà pari a 18.000,00 / 9.97 = 1.805,41 euro.

In caso di prestazione svoltasi in un periodo inferiore all’anno, per i mesi non interamente lavorati la retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo del TFR sarà pari:

  • alla somma spettante per il mese intero, qualora la prestazione si sia svolta per 15 giorni o più;
  • alla retribuzione effettivamente riconosciuta in caso di prestazioni inferiori ai 15 giorni.

La quota della retribuzione annuale accantonata deve essere rivalutata ogni anno al 31 dicembre con l’applicazione di un tasso dell’ 1,5% in misura fissa e del 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo (per le famiglie di operai ed impiegati) accertato dall’Istat.

Scelta destinazione del Trattamento di fine rapporto

Fino al 31.12.2006, il Trattamento di fine rapporto non destinato alla previdenza complementare introdotta con il d.lgs. n. 124/1993 al fine di assicurare livelli più elevati di copertura previdenziale, restava in azienda sino alla cessazione del rapporto di lavoro.

A partire dall’1 gennaio 2007, invece, per effetto dell’entrata in vigore del T.U. della previdenza complementare ciascun lavoratore è chiamato a decidere se destinare il proprio TFR alle forme pensionistiche complementari (indicando il fondo pensione prescelto) oppure se mantenerlo presso il datore di lavoro, formulando esplicito rifiuto, altrimenti l’adesione al fondo complementare avviene automaticamente tramite il meccanismo del silenzio-assenso.

La scelta va effettuata entro 6 mesi dall’assunzione, se avvenuta successivamente all’entrata in vigore della riforma.

In ogni caso, anche laddove il lavoratore non aderisca alla previdenza complementare, la legge prevede per le aziende con almeno 50 dipendenti che le quote accantonate di TFR non rimangano presso il datore di lavoro, dovendo confluire nell’apposito fondo istituito presso l’Inps.

Anticipo del TFR: quando e come si può richiedere

Per alcuni casi specifici il lavoratore, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere un’anticipazione del TFR non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.

Il datore di lavoro concede le anticipazioni richieste annualmente entro i limiti del 10% degli aventi titolo e comunque del 4% del numero totale dei dipendenti.

Questo anticipato può essere concesso solo per far fronte a:

– a spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;

– all’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.

L’art. 5 del d.lgs. n. 151/2001 ai sensi dell’art. 7 della l. n. 53/2000 prevede, inoltre, che è possibile ottenere l’anticipazione del TFR per far fronte alle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei “congedi parentali”.

L’anticipazione, secondo il disposto del comma 9 dell’art. 2120 c.c., può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e l’importo anticipato viene detratto dal trattamento di fine rapporto che dovrà percepire il lavoratore.